(pubblicato su Pet&The City)
I pappagalli sono sempre più presenti nelle nostre case,
anche se animali selvatici la loro spiccata socialità permette l’entrata in una
famiglia eterospecifica. Voglio però sottolineare che non sono animali di “semplice
gestione”. I pappagalli volano e solo arboricoli, per questo va predisposto
l’ambiente casa in maniera adeguata, e non sono certamente animali da gabbia! Una
bella e grande gabbia non è sufficiente. Adottarli pensando siano “più facili”
di un cane o un gatto, è un inganno culturale!
Chi già ci vive assieme
potrà ben testimoniarlo, non gli manca davvero niente per essere considerati
“meravigliosamente complessi”…nemmeno l’uso della parola! Ma questo rende il
viaggio relazionale ancora più entusiasmante.
Alcune caratteristiche
distintive degli Psittaciformi sono l’essere animali selvatici, volatori,
arrampicatori, manipolatori, vocalmente attivi, fortemente sociali ma tendenti
alla monogamia e “distruttori”. Ogni caratteristica è associata a predisposizioni
fisiche e cognitive. Un esempio è il becco osseo con copertura cornea in
continua crescita. Non è un dispetto il mobile del ‘700 rosicchiato, è la loro
modalità per consumare la strato corneo in eccesso e avere sempre un becco
performante adatto alla loro alimentazione.
La loro complessa socialità fa si che una vita
isolata dai conspecifici risulti riduttiva e sbilanciata nel rapporto con noi
umani.
Socialità complessa
prevede anche forme comunicative complesse e fasi dello sviluppo con cure
parentali prolungate. Le metodiche di allevamento dovrebbero considerare che le
fasi di sviluppo di un pullo iniziano in un ambiente poco stimolante, riparato
e ricco di calore da contatto con i genitori e altri pulli per poi immergersi
in un mondo iperstimolante dopo l’involo. Un allevamento a mano totale,
determina spesso problemi di sviluppo psico-fisico dell’animale perché le fasi
sono invertite, molto luminoso e rumoroso con manipolazioni a random e spostamenti
più volte al giorno mentre dopo l’adozione incombono ore (nostre lavorative) di
solitudine con ben poco da fare.
Ma ciò che trovo
fondamentale è comprendere bene il loro status di volatori!
La bellezza del volo non
sta solo negli occhi di chi guarda ma anche nei loro che possono, attraverso
questo metodo di locomozione, riconoscersi, rafforzare la comunicazione, le
capacità psico-motorie e la loro autostima. Tagliare, anche solo parzialmente,
le remiganti per evitare fughe (sotto mentite spoglie protettive per l’animale)
ci da una “tranquillità” che dovremmo perdere se vogliamo convivere con questi
animali.
Non sono di nostra
proprietà (anche se vengono comprati), non scelgono loro di vivere con noi, sono
esseri complessi, e per questi motivi
abbiamo una grande responsabilità quando decidiamo di portarli a casa. Una
scelta che richiede impegno e rispetto.
La convivenza
uomo-pappagallo può far cadere tanti limiti umani se solo ci si lascia
contaminare, come liberarsi dalla ricerca di avere “proprietà”.
L’attrattiva per questi
animali deriva probabilmente anche dalla comune motivazione di raccoglitori, la
forte spinta emozionale nelle cure parentali, la loro capacità nel creare
legami sociali stabili, il continuo “chiacchiericcio”. Ci si può ben
riconoscere in questo…
Il senso di proprietà che
cerchiamo per sentirci bene, determina deterioramenti nella relazione. Nella
relazione tra uomo e pappagallo, i problemi che riscontro maggiormente sono
aggressività data da incomprensioni e forzature; incapacità di un animale di
riconoscere in sé stesso la specie a cui appartiene; la poca autonomia e la
poca fiducia e stima che l’umano ripone nell’animale credendo di dovergli
risolvere ogni problema e facilitandogli la vita in ogni quando e dove. Al
contrario, prendersi cura di un animale vuol dire renderlo autonomo in modo che
possa “cavarsela da solo”, educare significa sviluppare la sua capacità
risolutiva e di adattamento, la sua socialità nelle più disparate situazioni.
Dovremmo porci come
obiettivo quello di creare un sistema famiglia allargato in cui noi insegniamo
e apprendiamo allo stesso tempo da loro, condividendo ambiente, attività,
quotidianità con un occhio eco-etologico, facendoci sorprendere dalle loro
capacità cognitive e comunicative, lasciandoci contaminare in una cultura
relazionale lontana dalla concezione del controllo dell’animale, che non pone
l’uomo al di sopra di tutto ma l’animale umano in mezzo agli altri animali.